Il settore della ristorazione si sa, sta subendo una crisi profonda, inaspettata e che ha portato tutti a fare considerazioni ulteriori e, soprattutto nella fase iniziale dell’emergenza, un po’ confuse e miste a paura.

Ormai sono molte le settimane di stop, che vedono locali e ristoranti vuoti. Le botteghe anche, con il personale (spesso intere famiglie) che improvvisamente si sono trovati a dover cambiare radicalmente la loro quotidianità professionale e non.

Delivery

Nello specifico, nel mondo della ristorazione, si sta assistendo a un repentino cambio di direzione, con la necessità di intraprendere nuove strade, nuove modalità, il tutto in un clima di emergenza. La creatività non manca e sono stati in molti a non perdere l’occasione di proporre menu a domicilio, soprattutto in occasione di Pasqua. Certamente è stato un vero successo, tanto che praticamente ogni ristorante ha fatto il sold out arrivando a consegnare a casa anche centinaia di pasti.

Ora in molti si stanno muovendo nella direzione del delivery, probabilmente anche in vista del futuro prossimo, momento in cui (si spera) le porte dei locali si riapriranno, ma gli accessi non saranno liberi e soprattutto il numero di coperti sarà molto inferiore.

Io non ho la sfera magica, nessuno in questo momento è nella condizione di fare previsioni serie e affidabili. Ho però avvertito l’esigenza di scambiare alcune chiacchiere con amici ristoratori e vedo che molti si stanno muovendo, da soli, nelle direzioni più disparate.

I dubbi sono molti, le difficoltà anche. Mi piacerebbe stimolare una piccola discussione, un laboratorio di idee per mettere solo un po’ di ordine e cercare di stimolare azioni coerenti e il più corrette possibile.

La direzione sembra sia una: che la ristorazione non potrà fare a meno di cambiare rotta, di aggiungere esperienze “che andranno così a costruire il nostro fatturato in maniera diversa rispetto a quanto successo fino a prima della chiusura, – racconta Cesare Crippa del ristorante Cece e Simo di Bergamo – soffriremo, ma sicuramente vista anche la riduzione dei coperti ci sarà la necessità del servizio di asporto e del delivery perchè faremo i conti con altri due elementi: la paura della gente e la domanda che non necessariamente subirà un calo. Se il mio cliente abituale non trova posto il sabato sera, probabilmente vorrà gustare i miei piatti comunque, ma a casa sua”.

Anche Marco Carminati dell’Osteria Tre Gobbi di Bergamo concorda e sostiene “penso che nel futuro della ristorazione il delivery fosse uno sbocco certo, era solo questione di tempo. Negli anni lentamente ha sempre preso più piede. Questa situazione l’ha reso obbligatorio. Credo che la ristorazione media perderà sempre più terreno. Avranno spazio solamente l’alta ristorazione, la cucina etnica, la cucina di moda/tendenza e la cucina tradizionale. Resisteranno i locali dove si sta bene a tavola, dove le persone della sala riescono ad avere quella cura importante sul cliente che lo fidelizza. Tutti proveremo nella direzione del delivery, anche se non è facile dare un senso ad un piatto senza impiattamento, per questo ritengo che il delivery si possa focalizzare sui piatti tradizionali, dove il piatto sboccia nella sincerità dei gusti e nella loro amalgama senza necessità di impressionare con l’impiattamento”. Marco ha provato a fare anche previsioni, in una direzione che mi sembra orientata a proposte di sostanza, con contenuto, in cui anche la buona comunicazione dovrà fare la sua parte.

E ancora, anche Antonella Testa del ristorante La Ciotola ubicato nel centro della città di Bergamo dice “la ripresa sinceramente la vedo molto difficile, ma non impossibile. Noi siamo nella ristorazione da quasi 7 decenni e come i nostri genitori ci troveremo ad affrontare il dopo guerra e poi di conseguenza la ripresa economica, di questo ne sono certa, ma dovremo affidarci solo alle nostre forze e alla nostra inventiva. Io non facevo asporto e vendita prodotti per mancanza di organizzazione avendo già il ristorante abbastanza affollato, ma ora sicuramente ci inventeremo una nuova organizzazione. Ci inventeremo una nuova cucina tradizionale da asporto stuzzicando il palato e la curiosità dei nostri clienti”.

Anche Claudio Rubis de La Staletta di Zogno racconta “il bello è comunque che la ristorazione non si è certo fermatata guardare, ma si è subito reinventata. Il rischio è quello di entrare in concorrenza con le gastronomie, quando noi in realtà abbiamo una proposta diversa. Il delivery diventerà una cosa comune, anche se un costo in più, quindi dovremo vedere se il gioco varrà la candela, magari per alcuni sì e per altri no”.

“Purtoppo il delivery sarà il futuro – racconta anche Nicola Locatelli dell’Opera Restaurant di Sorisole – ci sarà molta paura da parte del cliente, ma anche il numero di coperti sarà molto limitata. Dovremo riuscire a trasmettere comunque l’esperienza, dovremo essere bravi noi a trasmetterla comunque. Devo continuare a dare la possibilità ai miei clienti di consumare i piatti che propongo anche a casa. Non sarà facile, anche io ho iniziato con proposte più semplici, ma la scommessa è di mantenersi in linea con il proprio stile e la propria proposta”.

Molti sono i ristoratori che han deciso di proporre i propri piatti a domicilio, la cosa è evidente anche solo scorrendo il proprio feed social.

Il digitale sta dando un grosso aiuto, forse io dico che il web e la comunicazione digitale ben fatta e organizzata, dai contenuti agli strumenti potrà dare un grande contributo nella nascita e nello sviluppo di questa attività: una scommessa e un’opportunità tutta da costruire.

Avrei voluto chiedere a tutti gli amici ristoratori un parere, un contributo. Mi piacerebbe che chiunque avesse qualcosa da aggiungere mi scriva via mail (lara.abrati@gmail.com) o social. Nella speranza i crei un piacevole scambio e un vero e proprio laboratorio di idee.

Insieme ce la faremo.

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